VORREI CHE QUALCUNO MI TENESSE LA MANO E SI TUFFASSE CON ME

Lo sport mi sta liberando dall’ansia, la mia testa funziona meglio.
Ricordo più cose, ho più energie, mi sento più viva.
È cominciato tutto con la ricerca di una dieta, con la voglia di indossare una tuta nuova.
Dove non è arrivata la ragione, è arrivato l’istinto, un’intuizione dopo l’altra.
I piccoli sogni della mia bambina interiore poco alla volta si sono avverati.
Per anni sono andata in palestra come un fantasma, chiusa in me stessa, senza parlare quasi con nessuno.
Oggi chiacchierare e ridere negli spogliatoi mi sembra un evento ancora più stupefacente, perché sta accadendo mentre sto elaborando il lutto per la morte di mio padre, uno dei traumi più violenti che io abbia mai vissuto.
La sua malattia polmonare mi aveva sempre fatto paura, e con ragione, perché alla fine ha contribuito a portarlo via.
Dopo un lutto si ricordano tante cose a cui non pensi più da decenni: quella parte della vita che la quotidianità aveva avvolto nell’oblio, riaffiora.
La morte non fa sconti: tutto quello di cui non avevo parlato con mio padre, ora lo verbalizzo davanti ad una tomba.
È la palestra il mio spazio di libertà, dove mi permetto di rifiorire.
Settimana prossima torno in piscina.
Continuerà la lotta con me stessa che avevo ingaggiato lo scorso anno?
Sulla paura che mi tormentava e mi scatenava il panico in vasca potrò vincere io?
Per scoprirlo basterà scendere la scaletta e iniziare a nuotare.
Il tuffo no, quello per me è ancora futuristico, anche se lo vedo fare persino ai bambini in modo spensierato.
Vorrei avere la stessa leggerezza e il coraggio di imparare.
Vorrei che qualcuno mi tenesse la mano e si tuffasse con me.