Il cibo in sovrappiù e il fumo, per quanto gli offrissero un piacere momentaneo, avrebbero potuto in prospettiva rovinargli la salute.
“Cosa voglio fare io della mia vita?” si chiese allora lui. “Vivere a lungo e scrivere molti libri” fu la risposta.
Per arrivare all’obiettivo, le cattive abitudini andavano abbandonate.
Così Murakami smise di fumare e pensò di fare un po’ di sport, ma abitava in campagna e non c’erano impianti sportivi nel circondario.
Per correre però bastavano un paio di scarpe da jogging e una strada.
Cosa c’era di più semplice?
Bastava solo cominciare.
Prese ad alzarsi presto e ad andare a dormire il prima possibile.
Poi si buttò in strada, ma, dopo venti o trenta minuti che correva, si ritrovava sempre con il fiatone.
“Io sono piuttosto testardo in questo genere di cose. Se fallisco in qualcosa, finché non ottengo il risultato voluto non mollo e non trovo pace”: è questo che Murakami dice di sé ed è con questo spirito che ha corso per tutta la vita.
Ben presto il fiatone per lui divenne solo un ricordo.
Nel 1983 fece la sua prima gara: solo cinque chilometri.
Da quel momento, però, Murakami ha cominciato ad aumentare la strada percorsa ogni volta, fino ad arrivare all’ultra-maratona di 100 km e poi al triathlon.
“Il corridore non professionista si prefigge ad ogni gara un suo obiettivo personale, arrivare al traguardo in tot ore. Se riesce a realizzare questo tempo, lui – o lei – penserà di aver raggiunto un risultato, ma se fin dall’inizio rinuncia a partecipare, non avrà ottenuto un bel nulla e proverà un senso di frustrazione. E anche nel caso che non riesca a terminare la gara nel tempo che si è prefisso, sarà contento di avercela messa tutta, godrà comunque di un effetto positivo da cui trarrà beneficio la volta seguente, e nel frattempo avrà forse capito qualche profonda verità riguardo a se stesso: un risultato che è già una conquista”.
È questa l’essenza più autentica dello sport: acquisire ogni giorno una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie capacità.
Esprimendosi in questo modo nel suo “L’arte di correre”, Murakami dimostra di averlo compreso molto bene.
“Vivere a lungo e scrivere molti libri”: era questo l’obiettivo, quando lo scrittore giapponese decise di iniziare con la corsa e non ha fallito nel suo intento.
I suoi romanzi sono stati tradotti in tutto il mondo e ne sono state vendute milioni di copie.
Ora è anziano, ma ha lasciato una traccia indelebile di sé nell’arte e nello sport, mondi che gli stereotipi correnti vogliono lontani anni luce.
Metodico e puntiglioso, Murakami ha dimostrato l’infondatezza di molte opinioni preconfezionate ed è questo che lo ha reso grande.
In fondo cosa ci voleva per fare tutto ciò? Talento? Forza di carattere? Un po’ di fortuna? Murakami probabilmente le avute tutte e tre.
Se però si fosse rassegnato ad essere uno scrittore sovrappeso e non avesse comprato quelle scarpe, nulla di tutto ciò gli sarebbe accaduto.
Pertanto ciascuno di noi, proprio come lui, sarà in grado di conoscere le proprie risorse profonde, solo se si metterà in gioco per svelarle.

Luglio 2, 2023