Guardo dalla finestra i compagni del corso prima che si allenano.
È lunedì e gli esercizi sono cambiati.
Ce n’è uno nuovo che mi fa un po’ tremare.
Un box è posizionato sotto il trespolo della sala cross.
Bisogna salire sul box, afferrare la sbarra del trespolo, staccare i piedi dal box con l’aiuto di un elastico e sollevarsi verso l’alto a forza di braccia.
Quando entro in sala per cominciare il corso, chiedo aiuto al personal trainer.
“Ho bisogno di assistenza per quell’esercizio”.
“Ora vediamo, magari troviamo un’alternativa”.
Non possiamo passare subito a questa seconda ipotesi?
Non sono capace. Mi sfracellerò.
Nonostante un evidente disfattismo, decido di provare.
Non si abbandona mai un’impresa senza nemmeno aver tentato.
Stacco i piedi dal box.
Non cado.
Il mio personal trainer è vicino a me, pronto ad ogni evenienza.
Provo a sollevarmi, ma le mie braccia non ne vogliono sapere.
“Appoggia il piede sul box e esplora il movimento per tirarti su”.
“Ci provo, ma non mi pare di sentire niente”.
Non so neanche cosa dovrei provare.
Però continuo a cercare.
“La presa è sbagliata” mi dice il personal trainer.
Cambiando la posizione delle mani, comincio ad avvertire un movimento più corretto, un po’ di forza in più.
Probabilmente è solo questione di pazienza e di esercizio.
Ho sempre sognato di issarmi a forza di braccia sul trespolo della sala cross, come avevo visto fare agli istruttori.
Un giorno potrò riuscirci anch’io?
L’esercizio che non volevo fare si è rivelato la novità più interessante della lezione.
Un altro “non ce la faccio” è da buttare alle ortiche.
Sono contenta.
Sorrido anche quando sbaglio.
Anzi, in quel caso, sorrido di più.
Oggi non mi sono issata a forza di braccia sul trespolo, ma ho fatto un altro passo per ridimensionare l’immaginario negativo che mi ha sempre ostacolato.
Carla 1 – disfattismo 0.
Sono pronta per un’altra battaglia.

Febbraio 12, 2024