Pedalo. Pedalo. Pedalo e mentre lo faccio penso a tutte le cose che nella mia vita non sono andate.
Penso al fatto che a volte vedo realizzare ad altri obiettivi che vorrei, mentre io non so come raggiungerli.
“Non si può fare, non si può fare” grida una parte di me, ma io non la voglio ascoltare.
Così pedalo. Per rabbia. Per amore. Per dimenticare il dolore.
Il carter della bici fa rumore ad ogni pedalata, ma la musica è talmente alta che quasi non me ne accorgo.
Non fosse così, probabilmente lo ignorerei comunque.
“È una cosa di cui mi devo preoccupare?” ho chiesto all’istruttore.
“Assolutamente no” risponde lui.
Così mi prendo la libertà di isolarmi, con l’unico impegno di osservare i miei compagni di corso e l’istruttore.
Siamo in gruppo, dobbiamo muoverci all’unisono.
Quando invece i miei pensieri picchiano di più, la realtà esterna mi sfugge.
Così mi ritrovo seduta quando gli altri stanno pedalando in piedi e viceversa.
“Tieni duro, arriva alla fine” mi ripeto, ma mi chiedo anche: “Perché sto facendo tutta questa fatica? Dove voglio andare?”
Non voglio più ingrassare. Non voglio stare sola. Voglio essere più forte.
Così pedalo.
La lezione di spinning è finita e quasi non me ne sono accorta.
Non sento più la stanchezza, scendo dalla bici e non mi pare più di svenire.
Anche oggi ce l’ho fatta, contro le cose che non sono andate.
Contro quello che non ho raggiunto. Non ancora.
Foto di Maxi Corrado su Unsplash