Voglio rinascere, storia di un'intellettuale che sogna di fare l'ironman

"Tutto ciò che è umano è estremamente complesso, assolutamente misterioso e potenzialmente in continua trasformazione". Janelle Hallman

MUOVERSI: UN SOGNO PROIBITO

Sono una ragazza seria, qualcuno dice anche troppo.
Non c’è niente di male in questo, ma a volte con il prossimo si crea una distanza in buona parte involontaria.
In me, però, c’è anche altro e da quando mi sono buttata nello sport qualcosa si è smosso.
Mi dicono che nei miei occhi c’è una luce diversa.
Dipenderà da quel germe di sana follia che ero incapace di incanalare e che ho finalmente lasciato andare?
Mi sforzavo di dominarlo, ma lui era sempre lì.
Poi ho incontrato il triathlon: dopo la trapezista del circo, è una delle attività più improbabili che ho fantasticato di fare nella vita.
In realtà, prima delle Olimpiadi del 2021, sapevo a malapena cosa fosse questo sport.
Nella vita – e non solo sulla carta – però ci vuole fantasia.
A provare non facevo niente di male, anche se la perplessità non è mai scomparsa del tutto.
Mi sono data un anno di tempo per sperimentare quell’idea e per capire il senso di quella folgorazione.
Vorrei sapere anche perché non mi stanco mai.
Per questo sono diventata il cruccio del mio personal trainer.
Durante l’allenamento testa, sempre con prudenza, la mia resistenza fisica.
Con la cintura arrivo a sollevare anche sessanta chili.
Settanta no. Sembrano incollati al pavimento.
Così viene fuori Carla 2.0, una nuova versione di me stessa, capace di stupire il prossimo.
Io e lui ci facciamo un selfie.
Mi guardo sorridere nella foto, immortalata in tenuta sportiva.
Sono io quella lì? Quella che credeva di dover essere solo una brava bambina?
Parevo un’adulta a nove anni. Ero la figlia maggiore e tutti si aspettavano che fossi responsabile.
Io però avevo sogni diversi: fantasticavo davanti alla Carrà che ballava a Mille Luci e leggendo di Wilma Rudolph che vinceva le Olimpiadi.
Immaginavo di fare ciò che mi pareva proibito: essere agile e scattante.
Ero brava nel disegno e nella scrittura, piuttosto che negli sport, ma quello che sapevo fare non abitava più di tanto i miei desideri.
Mi pareva, probabilmente sbagliando, che coltivare i miei talenti fosse già alla mia portata. Io, invece, volevo andare oltre.

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