Tra gli esercizi di crosswork c’è anche il sacco boxe, un oggetto che mi ha sempre attratto come un magnete.
Anni fa provai a tirare un pugno contro uno di essi a una fiera, ma il risultato fu che il sacco non si mosse e io rischiai di farmi del male.
Il sacco però mi chiamava lo stesso, anche se non ebbi più il coraggio di avvicinarne uno per più di un decennio.
Oggi però ho avuto la mia rivincita.
Indosso i guantoni come una vera boxeur e prendo a pugni il sacco con una certa energia senza farmi del male.
Valeva la pena restare, perché senza costanza i risultati non arrivano.
Io però ho sempre sete di novità: dopo un po’ che faccio qualcosa, anche la più interessante del mondo, vado in cerca di stimoli nuovi.
Saltabeccando da un’attività all’altra, però, finisci col non crescere in niente.
La spinta verso il nuovo è la molla del progresso, ma può finire anche con l’essere una trappola.
Dopo tre anni di crosswork, pur con qualche variante, finisci col ripetere alcuni esercizi.
Eppure non mi sono mai annoiata.
Il demonietto interiore mi fa notare che alcuni esercizi sono sempre gli stessi.
Tutto vero, ma quali obiettivi sportivi possono fare a meno della ripetizione?
Quale crescita si ottiene senza esercizio costante, senza ripetere anche centinaia di volte lo stesso movimento?
Lo sport, in questo senso, è come la musica: si diventa maestri solo quando ci si destreggia abilmente tra le basi e per questo si può andare oltre.
Solo quelle centinaia di ripetizioni permetteranno un giorno a un principiante di spiccare il volo.

Novembre 27, 2023