“Il crosswork ti ha rafforzato” dice un mio amico in palestra, dopo avermi visto uscire viva dalla mia terza lezione di spinning.
Era quello che volevo. L’avevo sognato.
Sentirselo dire è stato però una cosa diversa, imprevista, quasi straniante.
Dopo essermi infortunata a spinning sapevo di dover tornare.
Quando si cade, poi ci si rialza.
Diversamente la paura si ingigantisce e crederai che quell’attività non è per te, che non ce la fai.
Dopo dieci minuti, però, ho cominciato a guardare l’ora.
Solo lo spinning riesce a farmi sudare.
Non ricordo quanto dura la lezione, è anche per quello che guardo l’orologio.
Una parte di me vorrebbe scendere, ma so già che arriverò fino in fondo.
Penso al triathlon e a quelli che fanno davvero l’ironman, a quante sensazioni fisiche devono provare: la fatica, il sudore, la paura di non reggere, le gambe che cedono.
Poi fisso i miei calzini bianchi e mi riprometto di non metterli mai più, mentre i piedi spingono sui pedali.
La musica mi trasporta verso la fine della lezione.
Arriviamo in volata allo stretching e alzo le braccia al cielo insieme agli altri.
Non so nemmeno descrivere cosa provo.
So solo che se avessi dovuto ascoltare la mia testa, oggi non sarei neppure venuta.
La mente resiste ai cambiamenti, ti incita a rimanere fermo dove sei.
Ti suggerisce che sei stanco, anche quando puoi fare di più.
Scendo dalla bici con la sensazione di svenire.
Invece di cadere, però, resto in piedi e sorrido al mio amico.
Grazie a lui e allo spinning scopro che con l’impegno e la dedizione anche i sogni diventano realtà.
Foto di Trust Tru Katsande su Unsplash