Voglio rinascere, storia di un'intellettuale che sogna di fare l'ironman

"Tutto ciò che è umano è estremamente complesso, assolutamente misterioso e potenzialmente in continua trasformazione". Janelle Hallman

IL CAVALIERE VOLANTE: L’INCREDIBILE VICENDA DI FEDERICO CAPRILLI, CONSIDERATO “INADATTO” ALL’EQUITAZIONE

Sfacciato: poteva chiamarsi diversamente il primo cavallo di Federico Caprilli, l’uomo che ai primi del Novecento cambio la storia dell’equitazione?
In quel nome, riferito ad una striscia bianca che marcava la testa del sauro, c’era anche lo spirito del suo cavaliere.
Nato a Livorno l’11 aprile 1868, Federico Caprilli a tredici anni entrò nel Collegio Militare di Firenze, dove si mostrò portato per la scherma e la ginnastica.
L’equitazione invece non parve il suo forte, quando due anni dopo, montando per la prima volta a cavallo, cadde. Caprilli però non si scoraggiò e nel 1886 entrò nella Scuola Militare di Modena come aspirante alla cavalleria. Lì superò uno dei tanti ostacoli che era destinato a saltare: la commissione medica, che voleva scartarlo e che lo giudicò fisicamente poco adatto per cavalcare.
In quell’anno però alla Scuola Militare erano state presentate poche domande, così quell’improbabile cavaliere venne, alla fine, accettato.
A dispetto di un inizio poco esaltante, Caprilli cominciò a mostrare tutto il suo talento quando fu arruolato nel reggimento Piemonte Reale di Torino.
Lì arrivò a montare fino a quattordici cavalli al giorno ed ebbe l’intuizione che cambio la storia dell’equitazione. Perché doveva essere il cavallo ad adattarsi alle esigenze del suo cavaliere e non il contrario?
Fotografò i cavalli quando saltavano senza fantino e scoprì che essi utilizzavano le zampe posteriori per darsi lo slancio, invece che quelle anteriori, usate per atterrare.
Il cavaliere, pertanto, doveva posizionarsi in sella con il busto in avanti, anziché indietro, in modo da sfruttare il movimento naturale dell’animale.
Mettendo in pratica quest’idea, Caprilli poté proporre il cosiddetto metodo “naturale” ad altri cavalieri, creandosi numerosi seguaci, anche all’estero.
Nel 1901 pubblicò per la prima volta i principi del metodo naturale sulla Rivista di Cavalleria, suscitando un vivace dibattito, e nel 1902 al concorso ippico internazionale di Torino, zittisce i suoi detrattori saltando in elevazione 2,08 metri: da quel momento il suo metodo verrà adottato alla scuola di equitazione di Pinerolo.
Federico Caprilli morì nel 1907 così come aveva cominciato la sua carriera sportiva, con una caduta da cavallo. Il modo in cui morì suscitò parecchie perplessità, tanto che qualcuno attribuì la sua scomparsa ad un marito geloso, arrabbiato per la sua altra carriera: quella di rubacuori.
Il mito di Caprilli però era destinato a non tramontare, tanto che trent’anni dopo ispirò il film “Cavalleria”, in cui Amedeo Nazzari prestò il volto al protagonista.

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