“Attenta alla schiena. Durante gli esercizi tendi ad andare in lordosi. Così ci si fa la bua. Fatti seguire da qualcuno”.
Ha ragione lui, il mio amico istruttore di karate, che ho adottato come personal trainer in seconda.
Non so se è perché sono più matura o lui è più simpatico, ma il suo avvertimento mi risulta più gradito di quello dell’insegnante di ginnastica del liceo, che già a sedici anni mi aveva consigliato la ginnastica posturale per la schiena.
Io però all’epoca non ascoltai.
Andai a un corso di ginnastica correttiva, ma non durai più di due o tre lezioni.
Perché sottopormi a quello che mi sembrava un supplizio, se non avevo dolori?
Avrei affrontato il problema se si fosse presentato. Peccato che a distanza di anni si è puntualmente rifatto vivo.
Ora ci provo a correggere la postura, solo che invertire la rotta e acquisire in automatico un modo di muoversi corretto non è semplice e comporta un notevole investimento di tempo e denaro.
Sarebbe stato meglio se avessi ascoltato l’insegnante di ginnastica?
È curioso come quello che è palesemente il tuo bene, riesce a volte a suonare particolarmente sgradito.
Non ti intriga, non ti accattiva.
Arriva dalla voce di quella che per parlarti è la persona sbagliata e non ascolti.
Il bene però è un tipo paziente. Se non smetti di cercarlo, ha il vizio di ripresentarsi, anche se sulle prime non ti accorgi di lui.
Sono partita fantasticando il triathlon e mi ritrovo a fare ginnastica posturale, quella da cui ero fuggita a sedici anni.
Ciò che non immaginavo e che sarei arrivata a farla volentieri.

Agosto 25, 2023