È una sfida con sé stessa e col cronometro quella di Emma Maria Mazzenga, velocista padovana classe 1933, con all’attivo alcuni record del mondo di categoria.
“Mi impegno per fare un buon risultato” mi racconta lei, da poco rientrata dai mondiali di Göteborg, in Svezia, dove nei 200 mt. ha avuto la meglio su una statunitense chiudendo in 52”08.
Al contrario di quanto accade nelle gare internazionali, dove trova delle sfidanti ed è capitato di fare anche le eliminatorie, in Italia da diversi decenni Emma corre da sola.
L’incentivo a proseguire è nella tensione della competizione e nel bisogno di fare attività fisica.
L’iscrizione alle gare l’ha portata a viaggiare in tutto il mondo, unendosi quando possibile ad un gruppo di amici, e questa dimensione per lei si è rivelata una passione: nel 2001 è stata persino in Australia, dove ha soggiornato per un mese, approfittando della compagnia e dell’opportunità di vedere posti meravigliosi.
“Cosa pensa la sua famiglia delle sue scelte sportive?” le domando.
“Mio nipote dice sempre che è contento perché io sto bene” risponde lei e il godere di buona salute, del resto, è essenziale per un atleta. Anche il tesseramento alla FIDAL (Federazione Italia di Atletica Leggera) comporta il superamento di una visita medica agonistica annuale.
Emma, oltretutto, ha ancora la patente e utilizza l’auto per i piccoli spostamenti quotidiani.
“D’inverno l’allenamento al Palaindoor senza la macchina sarebbe impossibile” commenta lei.
Se durante la stagione fredda la velocista padovana corre al coperto, durante l’estate esce tre volte a settimana: due in pista e una sull’argine del fiume Bacchiglione.
Nelle altre giornate, invece, si dedica a lunghe passeggiate.
Agli allenamenti Emma aggiunge un’alimentazione varia, cercando comunque di limitare i grassi e di ridurre le quantità, in linea con un metabolismo che rallenta con l’età.
La sua carriera sportiva è stata segnata anche da pause più o meno lunghe.
La corsa è entrata nella sua vita nel 1954, all’Università, ed è rimasta una compagna fedele fino al 1961.
In quel periodo la velocista padovana otteneva buoni risultati a livello regionale e conquistò anche un quarto posto ai campionati italiani.
Seguirono poi venticinque anni di interruzione, in cui Emma si dedicò alla vita di famiglia e all’insegnamento delle scienze.
Oggi è in pensione, è mamma di due figli e nonna di un nipote ventenne.
Nel 1986 arrivò però la chiamata di Alberto Pettinella, allora Presidente del Cus (Centro Universitario Sportivo) di Padova, che riunì nella categoria master le atlete che avevano corso insieme a Emma.
Da quel momento l’attività sportiva è proseguita fino al 2015 e quello fu l’anno della crisi.
“Mi sentivo ridicola” racconta di quando decise di appendere le scarpette al chiodo.
Fu però solo una pausa perché tre anni dopo l’amica Rosa Marchi, responsabile del settore Master della Fidal Veneto, la convinse a tornare in pista e da allora non si è più fermata.
Fa specie pensare che questa incredibile donna abbia attirato a sé anche commenti negativi: “Non posso vedere la gente che non smette mai” ha esordito qualcuno, evidentemente incapace di apprezzare le sue capacità.
La velocista ricorda, a questo proposito, un proverbio: “Oro buono non prende macchia” a cui si è ispirata.
Così, come l’oro, Emma non si è fatta influenzare da espressioni poco gradevoli e continua la sua sfida col cronometro.

Settembre 21, 2024