Voglio rinascere, storia di un'intellettuale che sogna di fare l'ironman

"Tutto ciò che è umano è estremamente complesso, assolutamente misterioso e potenzialmente in continua trasformazione". Janelle Hallman

UNA MANO TESA OLTRE IL DOLORE

Esco di casa con la borsa della palestra pronta, ma sospetto già che oggi non la userò.
Mio padre è in ospedale e sta molto male.
L’ultima cosa che gli ho detto al telefono è stato: “Vado in piscina”.
Lui non riusciva nemmeno a parlare. Io non sapevo cosa dire.
Dopo quattro mesi passati a letto in un centro per la riabilitazione, era finalmente tornato a casa.
Volevamo rimetterlo in piedi: un’illusione che è durata due giorni.
Poi è arrivata la febbre a 40: polmonite.
Di nuovo in ospedale, ma sul principio ancora c’era un po’ di speranza.
Mio padre è sempre stato un lottatore.
Aveva tanti sogni. Fare il ciclista era uno di quelli.
A spingermi verso lo sport non è stata però la sua passione per la bici, ma gli ultimi suoi dieci anni trascorsi dentro e fuori dagli ospedali.
Sono sempre stata convinta che mio padre abbia pagato il prezzo di una vita troppo sedentaria.
Io non volevo fare come lui.
Poco dopo pranzo arriva un messaggio su Whatsapp. È mia madre. Possiamo andare tutti insieme a trovare mio padre.
Lo strappo alle norme anticovid fatto dall’ospedale mi fa subito capire cosa mi aspetta.
Ieri è mancata la regina Elisabetta. Al suo capezzale avevano chiamato tutti i figli.
Mi sta succedendo la stessa cosa.
Quando entro in camera, mio padre respira ancora, ma non è più cosciente.
Resto pochi minuti, poi mi do il cambio con mia madre, le mie sorelle e mio fratello.
Sulla porta incontro la dottoressa che ce l’ha in cura. “Mi dispiace, non c’è più nulla da fare. Dategli un po’ di morfina”.
Mio padre sta morendo.
No, non sta accadendo a me, non è vero niente, è un brutto film.
Nonostante tutto, non ho il coraggio di cancellarmi dalla lezione di crosswork.
Mi immagino ancora che mio padre sopravviva a questa giornata e che io alla fine andrò in palestra.
“Sarà questione di poche ore” mi dice una voce interiore, mentre aspetto in sala d’attesa.
Si tratta purtroppo di una previsione quasi ottimistica.
Non passano nemmeno quaranta minuti, che la dottoressa torna fuori.
“I figli del dottor Pirovano chi sono? È mancato il papà”.
Entro in camera con la mia famiglia.
Il corpo di mio padre è ancora lì: sembra che dorma, ma lui è già volato via.
Papà aveva lo spirito del viaggiatore, era stato anche in Australia.
Un destino beffardo ha voluto che passasse gli ultimi mesi della sua vita allettato con una vertebra rotta.
Il mio personal trainer è il primo a sapere che mio padre è mancato: allenandomi regolarmente, ho condiviso con lui anche un pezzo della mia esistenza e io ho bisogno di una mano per superare questo immenso dolore.

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