“Ti stai avvicinando al triathlon”: un mio collega commenta così la mia iscrizione in piscina.
Detta in questo modo, sembra una cosa meravigliosa, come se fossi pronta a tuffarmi in acqua ad un passo dall’obiettivo.
La realtà è un po’ più complicata di quanto appare all’esterno.
Infatti, è un miracolo se sto a galla.
L’ultimo corso di nuoto l’ho fatto alle medie. Un ragazzino mi aveva buttato in acqua per scherzo e avevo rischiato di annegare.
Da quella volta mi ero giurata: mai più la testa sott’acqua, mai più dove non tocco.
La paura, però, si può superare e ora ci voglio provare.
Quando sento storie di persone che hanno imparato a nuotare da adulti, avverto una stretta al cuore.
Se loro lo hanno fatto, posso farlo anch’io.
Così mi preparo per la prima lezione.
Costume, cuffia, ciabatte, occhialini… questi ultimi non li ho mai usati.
Li guardo e mi sento strana: cosa sto facendo? È davvero la scelta giusta?
Non potevo accontentarmi di essere un’intellettuale? Non mi bastavano i libri?
“Voglio andare a nuotare, voglio andare a nuotare, voglio andare a nuotare”.
La bambina che ho dentro non sente ragioni. Vuole ripredersi quello che le è stato negato.
Raggiungo il bordo vasca e vedo una coppia di coetanei attendere l’istruttrice.
Non sono l’unica ad essere arrivata a quasi cinquant’anni senza saper nuotare.
La loro presenza mi da forza.
Ho voglia di cominciare.
Scambio due parole con l’istruttrice e poi vado in vasca.
La coppia è formata da marito e moglie, almeno così credo.
Lei ha paura, lui la sostiene.
In confronto a lei, sembro la Pellegrini.
Mi lasciano andare per prima, perché, anche se nuoto malissimo, davanti ai principianti totali sembro un pesce siluro.
Ottobre 4, 2021