Sono cominciate le Paralimpiadi e una ragazza cieca ha vinto la gara di triathlon.
Nuotare, correre, andare in bicicletta. Le prime due discipline non le ho mai praticate, la terza l’ho tralasciata da quasi trent’anni.
Però il triathlon voglio farlo anch’io.
Gli atleti paralimpici, per diventare campioni, hanno dovuto lottare contro il loro corpo, ma hanno vinto su di lui.
Wilma Rudolph, l’idolo segreto della mia infanzia, aveva fatto la stessa cosa.
La diagnosi per lei era stata infausta: poliomelite. Nel momento della malattia, chi avrebbe mai creduto che quella bambina potesse correre e diventare una campionessa olimpica nei cento e duecento metri piani?
Anche le possibilità che io possa fare triathlon sono vicine allo zero.
Non so andare in apnea, ho paura dell’acqua e da 38 anni non metto piede dove non tocco.
È un miracolo che io nuoti senza braccioli.
Correre poi… Tento due falcate e sono senza fiato. Eppure ne avrei voglia.
Ho cominciato a provare, avverto un’energia interiore che si vuole liberare.
Mio padre, però, cammina lentamente. Rimando la corsa. Preferisco vivere questi momenti con lui.
Il mio sogno però non lo dimentico.
Come dice Bebe Vio, se è impossibile, allora probabilmente si può fare.
Quindi cominciamo.

Agosto 19, 2021